Famiglia Perde la Casa per 30mila Euro: La Banca Non Aveva Titolo per Esigere il Debito

Una famiglia di Spoleto ha perso la propria casa all’asta per un debito di 30mila euro che, alla fine, la banca non aveva il diritto di esigere. La vicenda inizia vent’anni dopo la stipula di un contratto di mutuo fondiario, quando, nel 2018, l’istituto di credito ha emesso un atto di precetto che richiedeva il pagamento della cifra con interessi già lievitati fino a 75mila euro. Nonostante la famiglia abbia cercato una mediazione per risolvere il debito, la banca ha rifiutato ogni trattativa, rendendo inevitabile il ricorso alla via legale.
Gli avvocati della famiglia hanno contestato l’ammissibilità dell’esecuzione, sostenendo che la banca non fosse in possesso del titolo esecutivo necessario. Hanno quindi richiesto la sospensione del procedimento di esecuzione forzata, sperando di bloccare il pignoramento della casa, ma il giudice ha rigettato questa istanza, e il processo è andato avanti.
La vicenda si è protratta per cinque anni, durante i quali la casa della famiglia è stata pignorata e successivamente messa all’asta. Solo recentemente, nell’ottobre 2023, il giudice del Tribunale di Spoleto ha accolto l’opposizione all’ordinanza di esecuzione forzata, riconoscendo che la banca non aveva titolo legittimo per avanzare tale pretesa. Tuttavia, l’intervento è arrivato troppo tardi: la casa è stata venduta all’asta, e la famiglia ha perso il bene immobiliare, che per loro non rappresentava solo un valore economico ma anche un legame affettivo.
Il contratto di mutuo fondiario, firmato originariamente nel 1998, era stato ereditato dai familiari attuali, e la banca ha emesso l’atto di precetto senza possedere quietanze di pagamento, ovvero senza dimostrare che fosse effettivamente in possesso del titolo di credito. Tuttavia, la mancanza di questo elemento fondamentale è stata riconosciuta dal giudice soltanto ora, a distanza di anni dall’inizio del procedimento, e dopo che la casa è stata definitivamente persa.
Questo caso mette in luce i difetti del sistema giudiziario italiano, in cui l’attesa per una sentenza può portare a danni irreparabili. Gli avvocati della famiglia sottolineano come, in situazioni simili, alle banche basti presentare un’autocertificazione firmata dal direttore per avviare procedure esecutive, mentre ai cittadini è richiesto di produrre documenti e lunghe istanze per dimostrare il proprio diritto.
A seguito di questa vicenda, la famiglia ha avviato un procedimento risarcitorio per ottenere giustizia e il riconoscimento del danno subito. Il risarcimento, oltre al valore economico dell’immobile perduto, includerà anche il danno morale subito dalla famiglia, che ha perso la propria casa per una cifra che, come ha stabilito il tribunale, non era neppure dovuta alla banca.
Questo caso rappresenta un esempio emblematico dei rischi che i cittadini possono correre a causa delle lunghe tempistiche del sistema giudiziario e della disparità di strumenti tra privati e grandi istituti di credito.
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