Donna difende la sua casa: la sentenza del Tribunale di Varese respinge il recupero crediti
Una vicenda giudiziaria che ha visto una donna contrapporsi a una società di recupero crediti si è conclusa con una sentenza del Tribunale di Varese (Seconda Sezione Civile) destinata a diventare un importante precedente a tutela dei consumatori. La corte ha respinto la richiesta di annullamento di una donazione, proteggendo la casa trasferita al figlio della donna e dichiarando vessatoria una clausola imposta dalla banca nel contratto di mutuo.

Il caso: un mutuo non pagato e una garanzia che diventa un peso
La storia inizia quando una donna, garante per un mutuo di 140.000 euro sottoscritto dalla figlia, si trova al centro di un’azione esecutiva per oltre 100.000 euro. La banca aveva preteso che la donna firmasse una garanzia fideiussoria, includendo una clausola che derogava l’art. 1957 del Codice Civile, il quale stabilisce termini rigidi per l’obbligazione del garante.
Dopo che la figlia aveva interrotto i pagamenti del mutuo, il credito venne ceduto a una società di recupero, che intraprese un’azione esecutiva contro la madre. Non riuscendo a ottenere il pagamento, la società cercò di annullare la donazione di una casa fatta dalla donna al figlio per poterla pignorare.
La difesa della donna: la clausola è vessatoria
La difesa della donna ha sostenuto che la clausola di deroga fosse nulla poiché creava uno squilibrio significativo a danno della consumatrice, contravvenendo al Codice del Consumo. Inoltre, secondo l’art. 1957 c.c., la garanzia fideiussoria sarebbe decaduta sei mesi dopo l’interruzione del rapporto con la banca, rendendo il debito estinto.
Il Tribunale di Varese ha accolto queste argomentazioni, dichiarando nulla la clausola imposta dalla banca e confermando che il debito della donna non è più esigibile. La corte ha inoltre rigettato l’annullamento della donazione, lasciando la casa al figlio della donna.
Una sentenza a tutela dei consumatori
Questa sentenza rappresenta una pietra miliare per i diritti dei consumatori, sottolineando l’importanza di tutelare chi si trova in una posizione di debolezza nei confronti delle banche e delle società di recupero crediti. La decisione riafferma che clausole che squilibrano i rapporti contrattuali a favore delle banche devono essere considerate vessatorie e, quindi, nulle.
La donna, con questa vittoria, ha protetto il bene più prezioso per la sua famiglia, dimostrando che è possibile far valere i propri diritti anche di fronte a situazioni apparentemente insormontabili.
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